Un paio di mesi dopo la fine della fase emergenziale è forse venuto il momento di raccontare come l’abbiamo vissuta e vista noi, dall’interno del nostro studio. Le vicende che abbiamo vissuto sono così tante che è stato più facile riassumerle in un elenco. Eccolo:
Comunicazione: Se c’è una lezione che questo frangente ci ha insegnato è la necessità di comunicare meglio e di più. Verso i clienti, verso i nostri collaboratori, verso i fornitori, verso il mondo esterno. Bloccati in lockdown e con il mondo di tutti i giorni improvvisamente distanziatosi, ne è emerso meglio chi ha comunicato meglio e ha saputo motivare, tranquillizzare, spiegare. Chi ha fatto capire che c’era, sempre, anche barricato in casa, ma c’era. Su questo tema, quasi tutti possono fare meglio.
Confusione: ce n’è stata parecchia in generale e, per la normativa del lavoro, tantissima. I primi due posti del podio però vogliamo assegnarli. Al primo noi mettiamo la diversificazione delle casse integrazioni. Se ne è parlato molto. “Se ci fosse stata una sola cassa integrazione sarebbe stato tutto molto più semplice”. E’ vero. Ma è anche vero che nessuno aveva mai ipotizzato che l’Italia si sarebbe fermata tutta assieme. Gli ammortizzatori sono nati nel tempo e sono nati separati a seconda delle dimensioni aziendali. Con un po’ di mestiere e visione in più, a marzo, legiferando, si sarebbe potuto semplificare, ma la fretta, si sa, è cattiva consigliera. L’altro grande elemento di confusione, secondo noi, è stato quello relativo alle attività produttive che potevano restare aperte. Criterio del codice Ateco o meno, non si può comunicare di domenica sera, all’Italia produttiva, che continua a lavorare solo quella in possesso di un certo codice Ateco. Questo aspetto ha creato enormi difficoltà e poteva senz’altro, almeno in termini di preavviso, essere gestita meglio. E se una qualche scusante c’è per la prima lista di stop, la seconda comunicazione, tre settimane dopo, doveva assolutamente essere gestita in modo diverso. Con gli imprenditori nuovamente costretti, all’ultimo secondo, a rincorrere l’appartenenza a filiere produttive o dichiarazioni di clienti o a pietire chiarimenti ai centralini delle prefetture. Come se chiudere un’azienda sia come chiudere un ombrellone. Decisamente qualcuno a Roma questo aspetto non l’ha compreso appieno.
Smart working: E’ un altro dei grandi temi che questa esperienza ci lascia da gestire. Probabilmente uno dei pochi positivi. Il lavoro negli uffici cambierà. In meglio. Adesso bisogna lavorarci, trovare le formule contrattuali migliori, adeguare gli assetti organizzativi, individuare obbiettivi e risultati su cui concentrarsi, ottimizzare gli spazi. Di sicuro, nel breve periodo, ci saranno meno badges di ingresso e più indicatori di prestazione.
Governo: Dal punto di vista del lavoro, si poteva fare meglio, ma, oggettivamente, l’Italia non è un Paese… per vecchi. Qualche errore poteva essere evitato, ma l’evento è stato di portata così eccezionale da travolgere qualsiasi Ministro del Lavoro. Basti pensare a quello che succede in UK e USA, Svezia e Francia. Alla fine hanno fatto come noi o peggio. Vedi alla voce Confusione.
Sindacati: Sommersi, anche loro. Un po’ se la sono cercata perché hanno voluto che la gestione degli ammortizzatori fosse subordinata ad una comunicazione rivolta a loro. Ma la volontà di essere protagonisti e interlocutori - ancora una volta privilegiati -, alla fine gli si è ritorta contro e, dal ricevimento di decine di migliaia di attivazioni di cig da aziende sconosciute, hanno ricavato soltanto tanta burocrazia. Con l’aggravante di averla generata da soli. Per il resto, hanno fatto la loro parte, gestendo situazioni di stress non facili tra i lavoratori. Qualche sciopero più o meno spontaneo, più che provocarlo hanno dovuto assecondarlo.
Paura: La paura sui luoghi di lavoro si è sentita molto. La paura ha accentuato le differenze tra i lavoratori, tra quelli protetti e quelli esposti, tra i colletti bianchi e le tute blu. E’ gioco facile dire che la vera patologia di molti certificati di malattia arrivati nelle aziende nei giorni più bui della crisi è stata la paura, però di quello si è trattato. Eppure i numeri delle assenze alla fine sono stati dignitosi. Sulla paura, - che c’era, in certi casi molta, magari istintiva, irrazionale, indotta, ma c’era, eccome se c’era - ha quasi sempre prevalso il senso del dovere, l’attaccamento all’azienda, il senso della collettività, l’onere di servizio. Una bellissima risposta.
Regioni: La confusione più grossa l’hanno fatta le regioni sulla cassa in deroga. Ogni regione a modo suo. Accordi sindacali sì, accordi sindacali no. Ferie e permessi meglio fruiti, anzi no. Una babele indecente. Una babele poi arrivata con tempi lunghissimi, dopo comitati e riunioni, con bozze di decreti regionali congelate per giorni e giorni mentre in ciascuna regione il mondo del lavoro aspettava fremente. Se è stata una prova di federalismo, meglio ripassare dal via.
Consulenti del Lavoro: In affanno. Costretti a spulciare centinaia di pagine di decreti e circolari e interpretazioni e articoli di esperti. A partecipare a decine di webinar per non perdersi qualche pezzo. A inventarsi soluzioni tampone in attesa del chiarimento definitivo. A ripetere le stesse operazioni più volte. A correggere e rifare lavori già completati, perché l’ultima interpretazione cambiava prassi utilizzate nei vent’anni precedenti. Comunque presenti a cercare di tranquillizzare i clienti, soprattutto quelli, ed erano molti, che con certi problemi non avevano mai dovuto confrontarsi.
Futuro: Incerto. Dopo lo stop ai licenziamenti si comincerà a ridurre gli organici. Molte attività non ce la fanno, i debiti sono aumentati e certi stili di vita sono cambiati, forse per sempre. In certi settori i clienti in presenza saranno meno. E molte aziende si stanno preparando agli scenari peggiori.
Lavoratori: L’Italia migliore. Nella quasi totalità hanno dato una risposta stupenda. Chi era in prima fila nei luoghi di lavoro più complicati, dagli ospedali alla logistica, dalle casse dei supermercati al food delivery e la lista è lunghissima, ha risposto benissimo o bene. Comunque meglio del previsto. Gli altri hanno fatto ordinatamente la loro parte. Anche in smart la risposta è stata positiva, con livelli di efficienza che non si sono abbassati. E appena le aziende hanno riaperto, tutti al proprio posto. A casa, senza far niente, quasi tutti non ne potevano più.