Quando pensiamo all'industria manifatturiera ci viene subito in mente una realtà statica, una posizione fissa, un capannone lungo e largo con un grosso tetto ondulato e magari anche la ciminiera… Forse una volta era così. O forse dopotutto, questi immensi insediamenti devono per forza esserci se è necessario produrre beni su larga scala o grosse macchine su commessa; o anche semplicemente materie prime.
Ma quello che forse non è più necessario al 100%, è la presenza fisica dei lavoratori in queste realtà produttive, sia grandi che meno grandi.
Certo è difficile immaginare che l’operatore al tornio non sia presente “fisicamente” in fabbrica nel suo turno di otto ore. Quello che invece possiamo immaginare e rendere concreto senza più grossi problemi, è la non presenza fisica di molti lavoratori, non strettamente legati al processo produttivo.
Proviamo ad immaginare: è proprio necessario che tutti i lavoratori di una grande fabbrica siano presenti fisicamente per tutti i giorni della settimana e per otto ore consecutive?
Quali sono le necessità impellenti che impongono la presenza dei lavoratori all'interno del perimetro di una fabbrica?
Non a caso ho voluto fare una piccola distinzione tra il personale legato al processo produttivo, che possiamo chiamare “quotidiano”, come ad esempio gli operatori d’officina o gli impiegati della logistica; e una buona parte della struttura di staff, come ad esempio le figure gestionali, i commerciali, gli impiegati contabili o quelli IT.
Ecco allora che molte figure professionali tra le più variegate, possono entrare a far parte di un progetto strutturato di smart working, con la possibilità di gestire il proprio lavoro anche all'esterno dell’impianto produttivo sia in full-time che in part-time.
Relazionarsi con i clienti, rendicontare i progetti, gestire programmi di commessa, monitorare tempi, costi e qualità: tutte funzioni queste che possono essere gestite anche fuori dall'azienda, grazie ai normali strumenti di lavoro di cui tutti ormai siamo dotati.
Basterà recarsi in azienda quando sarà necessario verificare le criticità del progetto legate strettamente alla produzione o in caso di riunioni e rimanere in contatto con strumenti e tool che permettono la collaborazione da remoto.
È quasi scontato che l’information technology possa lavorare anche al di fuori del perimetro aziendale se non in caso di interventi sull'infrastruttura dello stabilimento.
Valgono sostanzialmente le considerazioni fatte per le figure direzionali ed i PM.
Spesso incontrare i fornitori, definire le strategie d’acquisto, programmare l’acquisto di grossi lotti, lavorare all'emissione degli ordini, sono tutte attività che possono essere (o addirittura devono essere) gestite fuori dalla fabbrica.
È probabile che sia maggiore il tempo da passare presso i clienti, che in azienda. Ed allora perché non lavorare totalmente in smart working?
Le figure elencate, sono solo qualche esempio fra tutte le professionalità che non sono necessariamente legate ad un processo definito all'interno di una fabbrica o alla timbratura di un cartellino, ma che possono, sempre all'interno di un processo strutturato promosso dall'azienda, lavorare in totale autonomia una volta definiti degli obiettivi precisi e dei tempi di realizzazione.
Può essere sufficiente effettuare incontri periodici di coordinamento al fine di monitorare l’avanzamento dei suddetti obiettivi integrati nei vari progetti.
Quali possono essere i vantaggi per un’azienda manifatturiera che voglia promuovere lo smart working totale o parziale per alcuni dei suoi lavoratori? Moltissimi.
Me ne vengono in mente subito tre:
I vantaggi sembrano quindi essere ragguardevoli purché il progetto di smart working sia correttamente strutturato ed organizzato dalla direzione aziendale, che dovrà innanzitutto promuovere un profondo cambiamento culturale riguardante l’approccio generale al lavoro.