Tre direttori su quattro sono favorevoli al braccialetto elettronico di Amazon perché rende più efficiente l'organizzazione del lavoro. Ma nello stesso tempo la stragrande maggioranza chiede tutele più rafforzate per i lavoratori. Sono questi, in sostanza, i due passaggi chiave dell'indagine di Aidp, l'associazione italiana dei direttori di personale, che ha chiesto ai propri 3000 associati un'opinione circa l'intenzione della multinazionale americana dell'e-commerce di introdurre nel nostro Paese il braccialetto elettronico per aumentare la produttività.
Per il 75% degli interpellati, l'operazione di Amazon — così com'è stata presentata dall'azienda — si muove nella direzione giusta perché facilita il lavoro dei dipendenti nel rintracciare in modo più efficiente la merce in magazzino. Per il 56,88% non contiene un rischio di controllo inaccettabile della prestazione del lavoratore.
Rischio, tuttavia, che vede il restante 43,13% degli interpellati. Il 56,25% pensa invece che il braccialetto Amazon, se configurato come uno strumento di efficienza e non di mero controllo, non è incompatibile con la legislazione italiana e per il 61,25% non costituisce una palese violazione della privacy e dell'autonomia del lavoratore. Circa il 65% vede delle problematiche nell'introdurre simili sistemi digitali nella propria azienda.
Rispetto poi alle novità introdotte in materia dal Jobs Act e alle tutele previste dal nostro ordinamento per evitare i rischi delle nuove tecnologie in termini di controllo e privacy dei dipendenti, il campione e più o meno diviso a metà: per il 51,25% gli strumenti di tutela oggi previsti non sono sufficienti, mentre per il restante 48,75% lo sono. Il 59,38% pensa invece che tali tutele debbano essere rafforzate.
Nel complesso, però, i direttori del personale intervistati considerano il braccialetto alla stregua di altri dispositivi tecnologici come i più banali pc e cellulari aziendale, oppure come i sistemi di controllo satellitari delle auto aziendali e quelli di geolocalizzazione utilizzati peraltro ampiamente in diversi ambiti produttivi. Tutti strumenti, è il sentore comune, che sulla carta hanno potenzialità di controllo. Per questo motivo, sono in molti a chiedere un rafforzamento delle norme per evitare ogni tipo di abuso dello strumento tecnologico.
Ma che tipo di tutele mancano oggi? Quali sono i correttivi normativi che potrebbero essere introdotti per superare il problema? «Partiamo da una premessa: non è il controllo di un'azienda sui propri dipendenti che fa crescere il lavoro, casomai è il contrario — risponde il presidente di Aidp Isabella Covili Faggioli — Inoltre, è strumentale considerare a priori i braccialetti di Amazon una violazione della privacy perché non abbiamo al momento notizie sufficienti per capire il loro utilizzo reale — aggiunge —. Nel caso in cui però i braccialetti si trasformassero da strumenti di efficienza produttiva in strumenti di controllo illecito dei dipendenti, la legge italiana avrebbe in sé tutti gli anticorpi necessari per ostacolarli».
In che modo? «Il Jobs Act, con la riforma dell'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, ha introdotto in questi casi il fondamentale passaggio da un accordo sindacale oppure l'autorizzazione dei Dpl (distretti provinciali del lavoro) o del ministero del Lavoro», risponde il presidente. Che conclude: «A prescindere dal caso Amazon, insisto su un concetto: chi si occupa di valorizzare le persone sa molto bene che non è il controllo ma la fiducia a portare i dipendenti ad avere atteggiamenti positivi e proattivi nei confronti dell'impresa». (v.d.c.)
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