La sicurezza sul lavoro implicherà l’obbligatorietà dei vaccini?

18 Gennaio

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Avrete notato negli scorsi giorni sui quotidiani il proliferare di articoli di esperti di diritto del lavoro in ordine alle possibili conseguenze, nel rapporto di lavoro subordinato, del rifiuto da parte dei lavoratori alla vaccinazione per il Covid 19.
Anche noi stiamo riflettendo con indubbio interesse su questo tema così delicato.
Come noto, non esistono risposte semplici a casi complessi, e se poi al caso si applicano le normative italiane, le complicazioni esplodono.
Andiamo con ordine.
Allo stato attuale non ci sono obblighi di legge per effetto dei quali il datore di lavoro possa ordinare la vaccinazione quale misura obbligatoria di prevenzione.
Ciononostante, parte dei commentatori ritiene che il datore di lavoro possa lo stesso licenziare il lavoratore che rifiuti la vaccinazione. Lo dicono in parte per motivi disciplinari (rifiuto di eseguire un ordine), in parte per impossibilità sopravvenuta della prestazione (“se non ti vaccini non riesco a farti lavorare”).
Altri commentatori, di contro, sostengono che il datore di lavoro non possa licenziare il lavoratore che rifiuta la vaccinazione. Ne va della libertà personale.
La discussione è accesa e le posizioni degli uni e degli altri sono comunque fondate e poggiano su diritti fondamentali (libertà personale contro diritto alla salute degli altri etc.) Certo è che, se non subentreranno nuove disposizioni di legge, i primi punti fermi si cominceranno ad avere con le pronunce dei giudici.
Comunque, al momento, in mancanza dei vaccini, la discussione è più teorica che altro e, per i datori di lavoro, il problema ancora non si veramente è posto. Con qualche eccezione, però.
Cosa sta succedendo con il personale di ospedali ed rsa che hanno la possibilità di aderire alle vaccinazioni?
Da quanto è dato sapere, le strutture ospedaliere non hanno licenziato i dipendenti che non hanno aderito alle vaccinazioni, vuoi perché temono l’esito del contenzioso, vuoi perché vi hanno soprasseduto, magari per la carenza di personale.
E’ quindi presumibile pensare che nell’immeditato futuro, anche nella generalità degli altri luoghi di lavoro non si procederà a licenziamenti massivi e le aziende non procederanno contro i propri dipendenti ostili al vaccino? Forse sì, un po' per ovvi motivi produttivi e di necessità del personale, un po' per evitare contenziosi in massa dall’esito incerto. Il numero dei no vax sarà anche la loro forza.
Più facile, invece, pensare a qualche presa di posizione più dura verso lavoratori che risultino isolati in presenza di situazioni aziendali di vaccinazione diffusa.
Sicuramente fattori esogeni potrebbero fornire una spinta indiretta alla vaccinazione. Si pensi al commerciale estero che visita i clienti esteri. Per poter viaggiare in aereo, dovrà essere vaccinato, giuste le regole previste dalle compagnie aeree. A quel punto o il lavoratore si vaccina oppure diventa licenziabile, perché messosi nella condizione di non poter più lavorare
Insomma, riassumendo, oggi:
1) prendiamo atto che la situazione è in grande evoluzione e la problematica accelererà, con un crescente numero di lavoratori no vax, man mano che i vaccini diventeranno disponibili.
2) aderiamo alla corrente dottrinale più cauta e suggeriamo di essere prudenti in quanto il trattamento sanitario è cogente solo allorquando è la legge a stabilirlo. Al momento il potere coercitivo datoriale mal si concilia con il nostro ordinamento;
3) siamo molto curiosi di conoscere l’orientamento operativo delle aziende leader, di leggere le prime pronunce dei giudici e, infine, di vedere se il legislatore introdurrà eventuali modifiche all’attuale normativa.

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