Cosa succede con il decreto estivo del Governo Conte?
Se si sperava in una semplificazione è il momento di ricredersi.
Nel caso di licenziamenti individuali i regimi di tutela salgono a 13; si tratta di normative che non prendono in considerazione i licenziamenti collettivi né tanto meno quelli riguardanti i dipendenti pubblici, ancora regolati dall’articolo 18 nella sua formulazione originaria.
Ma facciamo qualche esempio. Consideriamo il caso del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, noto come “economico”. In base alla legge Fornero del 2012, se l’atto datoriale è illegittimo perché il fatto è considerato “manifestatamente insussistente” scatta la reintegrazione attenuata, cioè il ritorno del dipendente in azienda e inoltre un indennizzo massimo di 12 mensilità. Se succede invece che il licenziamento è illegittimo ma il fatto sussiste la sanzione è un risarcimento “forte”, fino a un massimo di 24 mensilità. La normativa di riferimento cambia se il licenziamento, sempre per giustificato motivo oggettivo, è fatto dopo il 7 marzo 2015. In questo caso si applica il Jobs act e la tutela indennitaria, fino all’entrata in vigore del decreto Conte, vale la progressione, da 4 a 24 mensilità; dopo quella data si passerà da 6 a 36 mensilità.
Quando invece il licenziamento si effettua in un’impresa con meno di 15 dipendenti e la risorsa è un vecchio assunto scatta l’indennizzo, con un minimo di 2,5 mensilità fino ad arrivare ad un massimo di 6/14; con l’applicazione del Jobs act, si passa a 1 mensilità per anno di servizio, con un minimo di 2 e un massimo di 6. Ma attenzione perché anche in questo caso con il decreto Conte le cose cambiano, dopo l’entrata in vigore si dovrà corrispondere da 3, rispetto agli attuali 2, a 6 mensilità.
La situazione è ormai paradossale, ci si dovrà addentrare in una selva normativa in cui è davvero complicato muoversi e come dice Raffaele De Luca Tamajo, professore emerito di diritto del Lavoro, «Se l’obiettivo degli ultimi Legislatori doveva essere quello di dare certezza preventiva sulle conseguenze di un licenziamento illegittimo, ebbene l’obiettivo non è stato colto. Di qui l’urgenza di un serio ripensamento per unificare il più possibile questi regimi, che così come sono presentano iniquità, sconcertano le imprese e non garantiscono neppure il lavoratore».